Il Myanmar non ha tempo per la pandemia, ma combatte ancora per la vita.

Ogni giorno siamo sormontati di notizie negative da parte dei vari notiziari, informazioni che il nostro cervello filtra senza dare il peso e l’importanza che alcune di queste notizie meriterebbero. Guerre, fame nel mondo, crisi internazionali di rifugiati e apolidi: tante parole che suonano gravose alle nostre orecchie ma a cui sembra non avere mai il tempo di soffermarci a pensare. 

Soprattutto dopo una situazione critica generale dovuta alla pandemia, siamo stanchi di preoccuparci di tutto. Ciononostante, alcune cose cose non dovrebbero essere ignorate. Non può esistere tanta noncuranza verso il prossimo, o l’intero sistema sociale non può più funzionare.

Una testata giornalistica in particolare mi ha destato da questa sensazione di intorpidimento apatico post-pandemia: “Il Myanmar il I febbraio è uscita ufficialmente dal covid-19”. Penserete sia una bella notizia, ma in realtà questa data non segna altro che il colpo di stato che le forze armate birmane hanno messo in atto per rovesciare il governo. Da allora non c’è stato più tempo per pensare alla pandemia; problemi ben più gravi hanno messo a rischio l’intera popolazione.

Il panico generale è scoppiato quando una bambina di 6 anni, mentre giocava nel cortile di casa propria, è stata avvicinata da uomini armati. Invano la piccola ha cercato di scappare in casa, perché un momento dopo è stata colpita da un proiettile davanti agli occhi del padre che non ha potuto fare niente per salvarla. 

Episodi del genere stanno accadendo anche in questo momento. Perché puntare proprio ai bambini? Probabilmente le forze armate non hanno trovato un avvertimento migliore per tenere buono e sottomettere il popolo.

Anche questa volta però, temo che il nostro cervello possa farci il brutto scherzo di associare questa scena alla trama di qualche film. Quindi dirò di più, perché in effetti non è nemmeno questa la sorpresa. 

L’intreccio della trama lo si trova nel fatto che il Myanmar sia stato controllato da una dittatura militare per oltre 60 anni. Solo dopo le elezioni del 2010 venne finalmente istituita una Commissione Nazionale per i Diritti Civili e attuate diverse riforme per ottenere una democrazia liberale, un’economia mista e la riconciliazione nazionale. 

Ma la pace e la libertà democratica sono durate solo 10 anni. Praticamente nessun cittadino è mai stato veramente libero in tutta la propria vita.

Il generale militare Min Aung Hlaing, si era dapprima mostrato favorevole alle nuove elezioni democratiche, ma la realtà dei fatti è che in segreto si stava preparando al golpe effettuato, per l’appunto, lo scorso I febbraio. 

Per opporsi all’esercito di Min Aung Hlaing, i nazionalisti e i diversi gruppi etnici si sono uniti per formare un governo nazionale unitario, ma la situazione continua a peggiorare. Per soccombere alle proteste, l’esercito sta prendendo provvedimenti estremi facendo uso dell’ artiglieria pesante.  Almeno 5000 nazionalisti sono stati arrestati, secondi dati risalenti al mese scorso. Numerosi anche i corpi ritrovati morti, svuotati degli organi interni. 

Una ragazzina di quattordici anni che indossava una maglietta con la scritta “Everything will be allright” è stata uccisa durante una protesta pacifica, è ora diventata un simbolo di opposizione per il popolo birmano.

Attualmente nel Myanmar non funziona nessun tipo di telecomunicazione. I confini sono chiusi, nessuno può né entrare né uscire dal paese. Gli stati al confine stanno cercando di aiutarli con molta discrezione, ma le Nazioni Unite non possono intervenire direttamente poiché due dei membri della commissione permanente, Cina e Russia, non hanno acconsentito a collaborare, quindi si sta agendo in punta di piedi per evitare una crisi internazionale. 

Ci sentiamo scoraggiati e impotenti dinanzi a tali ingiustizie. Tuttavia, anche l’informazione può essere un’arma. Diffondere una notizia come questa, può essere di aiuto. I cittadini birmani stanno comunque trovando il modo di aggirare i blocchi e ottenere rinforzi dall’estero. Se i singoli stati mostrano interesse e partecipazione, grazie anche all’esortazione di tutta la comunità, è possibile una maggiore solidarietà e collaborazione internazionale.

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