Sono 29 i membri della “Refugee Olympic Team” ovvero della squadra olimpica dei rifugiati ammessi alle Olimpiadi di Tokyo, i quali gareggeranno in ben 12 categorie sportive.
Una grande dimostrazione di solidarietà per questi atleti dotati di un talento straordinario, che ancor meno degli altri, pensavano di poter raggiungere un tale traguardo nella vita. Perché non importa se si vincerà o meno una medaglia, gareggiare per loro è già in sé un’immensa vittoria.
Chi sono i rifugiati
Distinguiamo prima di tutto il rifugiato dal migrante, in quanto quest’ultimo si riferisce soltanto all’individuo che si sposta da un luogo all’altro principalmente per cercare fortuna. A differenza del rifugiato, questi può ritornare in qualsiasi momento nel proprio paese d’origine, in quanto il proprio stato gli assicura protezione e incolumità tanto in patria che all’estero.
La figura del rifugiato è molto più complessa, perché si intende colui che è vittima di persecuzioni in caso di rimpatrio. Atti di persecuzione devono essere sufficientemente seri, devono quindi rappresentare violazioni dei diritti umani, per ottenere lo status di rifugiato.
Avere accesso alle Olimpiadi per un rifugiato, è una chiara manifestazione di integrazione nella comunità che lo ha accolto. Tutto questo è stato possibile grazie agli sforzi di svariate organizzazioni perlopiù coordinate dall’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).
Le persone che si trovano, loro malgrado, ad abbandonare le proprie case per condizioni politiche, economiche, legali, sociali e culturali, hanno bisogno della collaborazione di tutti affinché venga loro assicurato il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza.
Saremo lieti di ammirare questi atleti alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Oggi abbiamo bisogno di “umanità” più che mai, per garantire a tutti le stesse opportunità senza discriminazioni, come quella appunto di essere ammessi a una competizione sportiva internazionale come questa.
Che vinca il migliore!

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